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Una battaglia senza esclusione di colpi,
vinta o talvolta persa dalla decisione del
costruttore di permettere la selezione di un
disco in più, o dal gusto di un designer che
sistemava al posto giusto una cromatura. Il
primo fonografo a moneta fu presentato nel
1927 dalla Ami, una fabbrica che già si era
distinta nella produzione di pianoforti
automatici. Nonostante questa casa
anticipasse tutte le altre di almeno tre
anni, non riuscì mai ad avere la leadership
nel mercato americano, mentre invece fu la
maggiore costruttrice di juke-box in Europa.
Nel 1933, appena superato il periodo della
grande depressione seguita alla crisi del
’29 la Wurlitzer presentò il suo primo
apparecchio. Anche la Wurlitzer, così come la Rock-Ola, costruiva pianoforti automatici, funzionanti a moneta; la grande diffusione che ebbe in quegli anni la radio, mise in crisi questo settore. I pianoforti a gettone, un tempo troneggianti e richiestissimi in tutti i luoghi di ritrovo, vennero rapidamente accantonati a favore del nuovo, stupefacente "compagno sonoro". Le grandi case dovettero difendere i loro prodotti; un apparecchio capace di permettere la selezione tra vari dischi, sembrò una scelta vincente. In effetti la diffusione della nuova macchina musicale ebbe dell’incredibile, dato che solo nel 1936 la Wurlitzer vendette più di quarantamila juke-boxes, record mai uguagliato nella storia. |
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In pochi anni, il mercato fu invaso anche
dagli altri due colossi del settore, la
Seeburg e la Rock-Ola. Gli apparecchi
prodotti in questi anni avevano il mobile in
legno, e permettevano di selezionare un
massimo di 12 dischi tutti rigorosamente a
78 giri. I dischi erano disposti in una pila
verticale dalla quale di volta in volta
venivano estratti e suonati. La Seeburg fu
la prima, nel 1938, a produrre un juke-box
decorato con le ormai famose plastiche
illuminate. Il modello spopolò e la
concorrenza non tardò ad imitare queste
rifinitura che rendevano l’apparecchio più
vistoso, ossia più appetibile, e
consentivano un aumento delle vendite. La
concorrenz atra le case produttrici in
questo periodo fu agguerritissima. Ogni anno veniva prodotto un nuovo modello che doveva essere venduto per lo più ai noleggiatori, i quali a loro volta si occupavano di affittarlo ai gestori dei locali pubblici. Apparecchi ancora perfettamente funzionanti venivano rimpiazzati da modelli più nuovi, in quella sorta di corsa al consumismo che era dettata dalla moda. Gli apparecchi ritirati dalle città venivano "passati" ai locali di campagna e in seguito ritirati e demoliti a colpi d’ascia anche se erano tutt’altro che da buttare (purtroppo). I designer proponevano apparecchi dalle forme sempre più accattivanti; nel 1940 fu realizzato, per la prima volta, un juke-box la cui sommità invece di essere squadrata era ad arco. L’idea si rivelò brillante, tanto da determinare la linea di tutti gli esemplari dei successivi dieci anni. Durante la seconda guerra mondiale, tutte le grandi case costruttrici dovettero convertire i loro macchinari alla produzione di materiale bellico. |
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I vecchi apparecchi che prima della guerra
venivano considerati antiquati nelle città
ed erano stati venduti nelle campagne,
vennero recuperati per ricavarne pezzi di
ricambio; la Wurlitzer ebbe la geniale
intuizione di produrre un mobile che si
potesse adattare universalmente a tutti i
meccanismi interni. Fu questa operazione che
le permise di fornire i locali più lussiosi
di juke-box nuovi, e che le diede quindi la
spinta necessaria a diventare marca leader
del settore. Nell’immediato dopoguerra fu
portata a compimento la più grande campagna
pubblicitaria mai ideata pe runa macchina a
moneta. Per la prima volta un juke-box venne pubblicizzato non solo agli operatori del settore, ma al grande pubblico; il Wurlitzer 1015 divenne in poco tempo il simbolo della voglia di divertirsi che contagiava come una febbre gli americani alla fine della guerra. Il battage pubblicitario fu talmente forte che la fornitura di un locale poteva cambiare drasticamente se non si possedeva il 1015. Riviste e giornali pubblicavano intere pagine con fotografie di giovani che si scatenavano ballando attorno a questa macchina, furono prodotte decine di gadget raffiguranti il mitico giocattolo musicale e gli americani attribuirono a questo apparecchio un trionfo che vede ancor oggi nel 1015 un modello molto ricercato da collezionisti e amatori. Ne furono costruiti più di 50.000 esemplari e contrariamente a quanto successe ai modelli che lo precedettero, il 1015 non fu ritirato dal commercio per essere sostituito con modelli più nuovi, anzi, molti di questi apparecchi, funzionanti in origine con dischi a 78 giri, furono convertiti per poter funzionare anche con i 45 giri che ivasero il mercato nel giro di qualche anno. |
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Infatti, sempre nel periodo bellico divenne
impossibile importare dai paesi asiatici la
lacca con la quale si costruivano i vecchi
dischi a 78 giri. Lo sforzo fatto dai
ricercatori in questo periodo portò in nreve
tempo alla scoperta del vinile, sul quale,
grazie al microsolco, poteva essere incisa
un’intera canzone su di un disco di formato
inferiore, che veniva fatto girare a 45 giri
con una maggiore fedelta di suono. Nel 1948 la Seeburg, sempre all’avanguardia per la tecnologia, aveva presentato il modello M100A, che consentiva la sceltra tra 100 dischi contro i 24 dei juke-box convenzionali. Fu un duro colpo per la Wurlitzer e per le altre marche concorrenti, che faticarono non poco per realizzare un prodotto competitivo. Come se non bastasse, in pochi mesi la Seeburg produsse l’M100B che utilizzava 50 dischi da 45 giri incisi su entrambi i lati. Il primo modello della Wurlitzer in grado di contrastare i predominio dei nuovi Seeburg venne commercializzato a partire dal 1952, con tre anni di ritardo. |
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